Lo siamo tutti. Attraversiamo questa esistenza sulla terra sapendo d’essere di passaggio. Anche perché non teniamo in mano il volante che guida il viaggio della nostra vita, non ne controlliamo né la velocità, né la durata, né la destinazione. Viviamo questa esperienza, la sola a nostra disposizione, accontentandoci per lo più di guardare fuori dal finestrino. Come passeggeri, appunto. Ben sapendo che nulla dura in eterno, che prima o poi si arriva al capolinea e si scende.

Abbiamo imparato che la felicità è uno stato momentaneo. Prima o poi, i rapporti umani si deteriorano, la sveglia mattutina ci riporta alla costrizione quotidiana, le delusioni lasciano le loro dolorose ferite. E la felicità svanisce.

Abbiamo imparato che l’amore è un piacere effimero. Prima o poi, il cuore non corre più all’impazzata, l’incantesimo degli sguardi si spezza, il desiderio si affievolisce. E l’amore finisce.

Abbiamo imparato che la fiducia è una scelta revocabile. Prima o poi, le promesse non vengono mantenute, i programmi non vengono rispettati, le menzogne vengono a galla. E la fiducia se ne va.

Abbiamo imparato che la pace è un valore incerto. Prima o poi, un manifestante viene abbattuto in piazza, un pendolare viene dilaniato su un treno, un civile viene bombardato in casa. E la pace è cessata.

Abbiamo imparato che il lavoro è un’occupazione temporanea. Prima o poi, la tecnologia viene rinnovata, il settore diventa saturo, il mercato entra in crisi. E il lavoro è terminato.

 

Abbiamo imparato che tutta la nostra vita è transitoria e precaria. Non possiamo scegliere noi le immagini che ci sfrecciano davanti al finestrino, né chi ci siede accanto. Quel che capita, capita; inutile protestare, per di più ci è vietato rivolgere la parola all’autista. Ecco perché nulla di quanto accade sembra toccarci. Se i passeggeri di un mezzo pubblico assistono muti e immobili ad un’aggressione, i passeggeri della vita assistono muti e immobili ad ogni sopruso. Anziché spronarci a realizzare qui ed ora i nostri desideri, in fretta prima che sia troppo tardi, la caducità della vita ci ha reso ciechi, insensibili, rassegnati.

Così, non ci stupiamo nemmeno nell’apprendere che la libertà è una condizione provvisoria. Anche la libertà, certo. Ciò che un tempo costituiva la ragione principale per cui vivere, battersi e morire, oggi ha assunto le sembianze di un privilegio indispensabile ai pochi, superfluo ai più. Prima o poi, può capitare a tutti di parlare, amare, protestare, vivere senza chiedere permesso a chi di dovere. E la libertà finisce. Almeno per chi, stanco di fare lo spettatore di passaggio, vuole scendere a tutti i costi dalla macchina sociale lanciata in una corsa che non lo riguarda. Per chi insomma si ostina a pensare che la libertà sia ancora la ragione principale per cui vivere e battersi.

A tutti gli altri auguriamo buon viaggio. E non dimenticate di timbrare il biglietto.

 

[8/5/11]