Quante volte è successo? Un giovane alle prese con agenti in divisa che vogliono arrestarlo o umiliarlo. Non ci sta. Ma la sua fuga o il suo atteggiamento orgoglioso vengono maldigeriti da chi è abituato ad essere temuto e riverito. E che per questo ristabilisce la propria autorità messa in discussione nell'unico modo che conosce, con la violenza. Uno, due colpi d'arma da fuoco e il giovane recalcitrante viene messo a posto. Sistemato. Liquidato. Un esempio per gli altri, per i suoi simili. Ma è un esempio che talvolta non funziona. Ottiene un risultato diametralmente opposto alle aspettative. Anziché suscitare la passiva obbedienza presso coloro a cui viene rivolto, scatena in loro una furiosa ribellione.

Dopo la Parigi del novembre 2005, dopo l'Atene del dicembre 2008, ed a poche settimane dalla San Francisco del luglio 2011, è la volta di Londra. Giovedì 4 agosto, nel quartiere di Tottenham, la polizia ha ucciso un uomo che stava scappando per sottrarsi all'arresto. Si chiamava Mark Duggan, aveva 29 anni, una compagna e quattro figli. Due giorni dopo, sabato 6, si svolge un presidio di protesta davanti al commissariato di zona. Ad organizzarlo sono i parenti della vittima e i vari leader comunitari e rappresentanti locali. Pretendono risposte, esigono dalle istituzioni una spiegazione su quanto è accaduto. Col passare delle ore il presidio si ingrossa. C'è chi piange e chi urla. Chi si dispera e chi si arrabbia. Verso sera è ormai diventato chiaro a tutti che da parte delle istituzioni non arriveranno né risposte né spiegazioni. Dalle lacrime si passa al sangue agli occhi. Le volanti della polizia vengono attaccate. Gli autobus vengono attaccati. I negozi vengono attaccati. Dopo un fatto simile nulla può continuare come prima, nulla deve continuare come prima. I disordini proseguono per tutta la notte, alcuni rivoltosi sono arrestati alcuni agenti restano feriti.

L'indomani l'Inghilterra si sveglia attonita. Come è stato possibile? Incredibile, ma adesso si saranno sfogati. No, non ancora. Dopo Tottenham, ora è tutta Londra ad essere messa a ferro e fuoco: Enfield, Walthamstow, Waltham Forest, Brixton, Oxford Circus, Edmonton, Ponders End, Islington, Streatham, Turnpike Lane, Chingford, Leyton. Tutti questi quartieri ardono di nuova vita, non esistono più merci da pagare solo beni da prendere, non esistono più uniformi da temere e rispettare solo sbirri con cui scontrarsi. Domenica 7 si chiude con un bilancio di oltre 100 manifestanti arrestati e 35 poliziotti feriti (tre dei quali investiti da un'auto mentre tentano di effettuare un arresto). I danni causati agli esercizi commerciali saccheggiati e mandati in fumo ammontano a decine di milioni di sterline. Se questo denaro lo brucia la Borsa in una delle sue sedute, perché non anche gli esseri umani nelle loro sommosse?

Esterrefatti, oggi lunedì 8 agosto i media inglesi si sono lanciati nelle ipotesi più incredibili per trovare una ragione a quanto è successo. Secondo alcuni, la responsabilità è dei «musulmani». Sono loro a guidare la rivolta. A detta di altri, i facinorosi sarebbero gli «anarchici». Sono loro a guidare la rivolta. C'è poi chi se la prende con gli «immigrati». Sono loro a guidare la rivolta. È lunga la lista degli ingrati del benessere occidentale da biasimare. Ad ogni modo, chi pensava che finito il week-end tutto sarebbe rientrato nella normalità col ritorno al lavoro, è rimasto deluso. Sì, perché oggi sono stati i quartieri di Hackney, Peckham, Clapham Junction, Camberwell e Lewisham ad insorgere, seguiti da Croydon, Kilburn, Pembury e Tulse Hill. Come ieri, come l'altroieri. Rivolta e saccheggio, saccheggio e rivolta, a cui avrebbero partecipato persone di ogni razza e di ogni età, perfino tredicenni. E, quel che è peggio, la rivolta non solo si sta organizzando, come dimostra la circolazione di volantini su come comportarsi in certi frangenti, anche in caso di arresto («Niente panico, non parlate»), ma ha anche superato i confini della capitale diffondendosi nel resto del paese, a Birmingham e a Leeds, per il momento. Mentre i poliziotti si dicono «scioccati» per la violenza diretta nei loro confronti, il numero degli arrestati è salito ad oltre 200.

Perché tutto ciò? Perché la vita che trascinano gli abitanti di questi quartieri, di questa metropoli, di questo continente, di questo pianeta, è miserabile quanto quella che è stata stroncata dalla polizia inglese giovedì notte. Perché Mark Duggan avrebbe potuto benissimo vivere non a Tottenham, ma in qualsiasi altro quartiere povero, londinese o meno, in qualsiasi altra città, inglese o meno. Avrebbe potuto essere il nostro vicino di casa. Di più, avrebbe potuto essere uno di noi, uno qualsiasi di noi. Non è il colore della sua pelle ad aver mosso il dito che ha premuto sul grilletto, ma la sua non appartenenza al Partito dell'Ordine. Le sommosse di Londra dimostrano come dappertutto stia montando la rabbia nei confronti di una vita priva di significato, di passione, di libertà, costretta fra le mura della sopravvivenza quotidiana. E come questa rabbia repressa abbia bisogno solo di una scintilla per esplodere.

 

[8/8/2011]